VARCHI DEL ROSSO Nel maggio arioso avrei pensato un cielo allontanato dal biancore surfactante, in interiore celeste tessuto, in cerca di una quieta via di bruchi, di insett’assalto ai pollini dorati, d’onnipresente cinguettar dell’aria in disperati morsi al cuore delle attese. Nel centro avviluppante della luce è il senso vellutato delle rose muscose e variamente inclini a spudorata offerta ai varchi più funamboli del rosso; fiammanti più che roghi circoscritti, esili nel levarsi fil di fumo d’antichi cori funebri e cinerei… Altro senso, alto, affinato, pago di curvature, in folto percorribile carminio, rorido, mai sazio di lucore in lembi e stami, in sghembe arricciature a risaltare nell’umido lunare delle notti. Avrei deciso che sommesse crespe volute districarsi potessero dai nidi del colore più accanito, guizzare di sinaptiche scintille a scatenar vitalità ebbre e stillanti, dai vinti artigli assilli liberate. Che acuminate dalie m’attirassero nei vuoti vortici di ben setosi aculei, quasi metalliche scarlatte lame non supposi; che gonfie ortensie roteassero in stelle piluccanti oltre i giardini, estese in solitudini boschive non sapevo; né che cerulei sentori oltremare travalicando i muri ad occidente stabilissero di lì abitare, e in rosso trasmutarsi. Dalle serali inclinazioni frangenti sillabai con cautela i riflessi… Appresi che il segreto delle porpore è il rintanarsi in pozze di clamori, in mormoranti buche e avvallamenti, sonorità minori e accattivanti. Strariparono infine i miei passati intendimenti ché i varchi sanguigni dalle tue proprie vene emanano. Precipitarono nei baratri cromati del giallume, negli steli in fiato corto di calure, negli infinitesimi brillii d’ali vetrose, multicolori iridescenze inferte. Preludio di amnistie autunnali mi rifugiai in scrigni vermigli melograni. La mia dimora estiva s’instellò cerata, poi carta velina gonna papavera, mattiniero squillo di tromba in sordina, quasi asfissia d’arancio furente. Nel latte e sangue dei gigli marini rinvenni, in candore di garze riposati occhi straziati, polsi e caviglie sprigionati, dagli scoscesi dirupi immersavvolta in sonno tiepido m’arresi. Allertate rose settembrine attesero, minacciose d’insinuar varchi del rosa… addirittura… Rita R. Florit Texte pour Terres de femmes (D.R.) ________ Ph., G.AdC
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